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Consulenze tecniche di parte

In un procedimento giudiziario (sia civile che penale), ognuna delle parti può avvalersi di un consulente (CTP), nominato dall’avvocato.

Il Consulente Tecnico di Parte assume una funzione di controllo tecnico sull’operato del consulente tecnico d’ufficio, cercando di dare ai fatti l’interpretazione maggiormente conveniente per il proprio cliente che lo ha scelto.

Il CTP risponde solo al suo cliente del mandato ricevuto.

Il CTP svolge funzione di controllo sulle operazioni peritali, svolge una funzione più collaborativa con il CTU, infine il CTP interagisce in più momenti con il proprio cliente montiorando l’andamento della perizia.

La nomina di un CTP (Consulente Tecnico di Parte) è utile per tre ordini di motivi:

– in primo luogo per una funzione di controllo sulle operazioni peritali, nel senso che il CTP verifica che tutto il percorso proceda secondo le più adeguate metodologie (che devono essere seguite in modo scrupoloso dal CTU);

-in secondo luogo per svolgere una funzione più collaborativa con il CTU: il CTP infatti essendo un “tecnico” esperto può interagire positivamente con il CTU portando riflessioni nuove e magari alternative, delle quali il CTU potrà tenere conto. A questo proposito è importante dire che il CTP se lo ritiene (e in accordo con il proprio cliente) può anche produrre al termine della perizia delle osservazioni, che verranno inviate alla attenzione del Giudice tramite il CTU. Il Giudice così si troverà ad avere ancora più elementi utili per la sua decisione;

– infine il CTP interagisce in più momenti con il proprio cliente, sia prima dell’inizio della perizia (con colloqui di conoscenza e con la lettura degli “atti”), che durante la CTU stessa, svolgendo colloqui di riflessione e monitoraggio sull’andamento della perizia. Questa funzione di sostegno è fondamentale per la persona che si vede coinvolta in un procedimento approfondito e certamente complesso dal punto di vista procedurale, ma anche emotivo.Il CTP sarà presente durante tutte le operazioni peritali, avendo anche momenti di confronto con il CTU e gli eventuali altri CTP.

Lo psicologo, che abbia conseguito un’adeguata formazione in materia di consulenza tecnica in ambito forense, può essere chiamato come esperto in diversi ambiti e in varie forme di intervento.

Il colloquio clinico è lo strumento principe per poter inquadrare la persona, la sua personalità, i suoi punti di forza e di debolezza. Durante i colloqui si raccolgono informazioni sulla storia di vita, sul momento attuale, sulle modalità di pensare e agire della persona. Il momento di relazione è utile anche per cogliere aspetti di personalità e difficoltà interiori tramite i canali “non-verbali” della comunicazione (postura, gesti, movenze, tono di voce, contatto visivo, stile di comunicazione…).

Si possono poi condurre colloqui più specifici, con l’utilizzo di particolari stili di domande, per sondare la capacità di comprensione, di linguaggio, di memoria, di suggestionabilità, di ricordo.

L’uso degli strumenti psicodiagnostici rappresenta la componente più “oggettiva” della valutazione psicologica. E’ prassi somministrare una batteria testologica che comprenda sia test proiettivi che questionari standardizzati. Inoltre, a seconda della situazione e dell’incarico affidato, sarà più idoneo utilizzare strumenti diagnostici, di personalità, di valutazione delle capacità mentali, o di intelligenza (più o meno specifici, qualora dai questionari globali si ravvisino particolari difficoltà o compromissioni).

Una perizia psichiatrica è una particolare visita medica con lo scopo di verificare le capacità cognitive e psichiche di un determinato soggetto. In particolare, il medico specialista ha il compito di determinare se nel momento della visita, il paziente sia in grado di intendere e di volere, cioè se può comprendere le finalità di sue particolari azioni. La perizia psichiatrica può essere richiesta anche per valutare le capacità cognitive del paziente durante particolari azioni commesse nel passato.

Una visita di questo genere viene generalmente richiesta da un giudice o da un magistrato nell’ambito di un processo. In questi casi può infatti essere necessario un approfondimento psicologico dell’imputato per comprendere la sua reale capacità di compiere particolari azioni e reati. Può però essere necessaria una perizia psichiatrica anche in altri casi come ad esempio nelle cause di divorzio, o comunque se richiesta da familiari nei confronti di un loro congiunto che abbia manifestato delle possibili problematiche psichiche e comportamentali.

La perizia grafologica, o calligrafica, ha lo scopo di rendere certa la paternità grafica di documenti scritti e/o firmati a mano. L’importanza è soprattutto giuridica in relazione ad atti che possono modificare, estinguere o portare al riconoscimento di diritti e pretese giuridiche in genere.

 

La perizia grafologica nel processo civile può essere richiesta dal giudice, anche su istanza delle parti, ciò in base all’articolo 61 del codice di procedura civile e seguenti che riconosce al Giudice la possibilità di farsi assistere per singoli atti o per l’intera durata del processo da un perito calligrafico che abbia una comprovata professionalità e che sia possibilmente iscritto in albi speciali.

 

L’importanza della scrittura e la sua capacità, se correttamente interpretata da esperti, di rivelare l’identità di colui che ha scritto un documento è data dall’essere un prodotto individuale contrassegnato da elementi formali e sostanziali, costanti e variabili, che possono essere riferiti ad un unico soggetto. Per poter procedere ad una perizia calligrafica in sede di processo civile è necessario avere dei documenti di comparazione, certamente riconducibili alla persona che avrebbe scritto.

 

La funzione del perito grafico quindi è di verificare  la grafia o la firma e di riferire al giudice e agli avvocati che non possono avere le competenze tecniche per decifrare con estrema precisione la grafia.

 

Gli ambiti nei quali all’interno del processo civile può essere necessario l’aiuto di un perito grafologico sono diversi. Più frequentemente si richiede una perizia nel caso di testamento olografo, cioè nel caso in cui il de cuius abbia affidato le ultime volontà circa la disposizione dei propri beni a un testamento scritto a mano e lo stesso sia stato impugnato da soggetti che in assenza dello stesso avrebbero beneficiato dell’eredità o di una maggiore quota della stessa. Non è questo l’unico caso in quanto è possibile richiedere una perizia anche per la contestazione della paternità della firma su cambiali e assegni.

 

In diverse sentenze i giudici hanno dato prevalenza alle risultanze delle perizie grafologiche anche contro la testimonianza di soggetti indicati dalle parti, ciò vuol dire che nell’ambito del processo civile la consulenza tecnica effettuata dal perito grafologico ha una rilevanza di primo piano. Per questo motivo vi sono anche norme specifiche che stabiliscono come il perito debba agire.

Il preminente interesse del Giudice nelle procedure aventi ad oggetto l’affidamento ed il collocamento dei figli minori è quello di garantire loro una sicurezza psicologica ed affettiva indispensabile per uno sviluppo psicofisico sano anche in termini di struttura e personalità: tale obiettivo è perseguibile assicurando loro la presenza costante di entrambe le figure genitoriali nella quotidianità, come sancito dalla Legge n. 54/2006.

L’interesse del minore è, dunque, al centro della scena.

Quando gli interventi di risoluzione alternativa alle dispute (pratica collaborativa, mediazione familiare, coordinazione genitoriale) non sono servite a prevenire o risolvere il conflitto genitoriale separativo, il Giudice può richiedere una consulenza tecnica d’ufficio (CTU), affidando ad una figura ausiliaria specializzata l’acquisizione e l’elaborazione di informazioni ed elementi al fine di assumere una decisione “giusta”, nell’interesse dei minori coinvolti.

La parte, attore o convenuto che sia- genitore nella fattispecie- nel contesto giudiziario determinato da una causa di separazione o divorzio può – in caso di Consulenza Tecnica di Ufficio disposta dal Tribunale- avvalersi di un professionista come consulente tecnico di parte.

Il CTP, dal punto di vista giuridico, in ambito civile, è istituito a norma dell’art. 201 del codice di procedura civile che prevede:

“il giudice istruttore con l’ordinanza del CTU assegna alle parti un termine entro il quale possono nominare,con dichiarazione ricevuta dal cancelliere, un loro consulente tecnico. Il consulente della parte oltre ad assistere a norma dell’articolo 194 alle operazioni del consulente del giudice, partecipa all’udienza e alla camera di consiglio ogni volta che vi interviene il consulente del Giudice per chiarire e svolgere con l’autorizzazione del presidente le sue osservazioni delle indagini tecniche”

Il CTP anche nell’ambito dei procedimenti giudiziari di separazione e divorzio è a tutti gli effetti parte integrante del sistema peritale, insieme al Giudice, al CTU (manus longa del Giudice) e agli avvocati delle due parti.

A partire dalla nuova normativa (legge 54/2006) vi è una maggiore interazione prevista tra CTU e CTP in quanto, a modifica della procedura precedente in cui le osservazioni del CTP andavano direttamente consegnate in Tribunale, ora si stabilisce che le note dei CTP siano previamente consegnate al CTU in risposta alla bozza di relazione, in modo che il CTU possa opportunamente allegarle alla propria relazione finale, con una sua sintetica valutazione in merito alle stesse e quindi consegnate in Tribunale.

Il committente del CTP è la parte (nella fattispecie il genitore) – attore o convenuto che sia nel procedimento giudiziario- che però ha dato procura a un avvocato che lo rappresenta in giudizio; ne consegue che la parte committente per un CTP è costituita sia dal cliente sia dal legale che lo rappresenta.

Il CTP assume per questi motivi una posizione molto delicata e sensibile all’interno dell’articolata dinamica consulenziale, ove rappresenta uno snodo significativo tra il CTU e i suoi clienti, parte e legale.

Quando si parla di risarcibilità del danno biologico e della necessità di quantificazione dello stesso, le tabelle di Milano sono inevitabilmente costantemente menzionate. Tali parametri sono diventati il punto di riferimento per consentire il calcolo di un congruo indennizzo. Che cos’è il danno biologico? Cosa sono le tabelle di Milano? Che valore hanno? E a quanto ammontano gli importi attualmente in vigore?
Per dare una definizione sintetica, il danno biologico non è altro che un danno di natura non patrimoniale. Sussiste nella circostanza in cui un soggetto sia leso nella propria integrità fisica o psichica. È tale non solo quando sia di carattere permanente, ma finanche nella circostanza in cui abbia la caratteristica di essere reversibile. Trova la propria suprema fonte normativa nell’articolo 32 della Costituzione. La fonte normativa così recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.”. Dal punto di vista pratico sia la Legge che i giudici hanno ritenuto di dare unitarietà alla quantificazione del danno biologico. La scelta ricade soprattutto in considerazione della circostanza che sarebbe stato impossibile quantificarlo economicamente “in modo unitario” per ogni caso. Ecco dunque il motivo che ha portato all’adozione delle cosiddette “Tabelle di Milano”.

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