Servizi per la famiglia e minori
Lo Studio è un luogo di incontro sicuro e di ascolto per le famiglie del territorio, che ha generato negli anni una rete di rapporti duraturi. Il servizio è costituito da un’equipe di professionisti dell’area psico-sociale ed è specializzato e dedicato nella cura dei legami familiari.
Quando una coppia si rivolge a noi cerchiamo sempre di aiutarli a capire se la mediazione o la separazione siano davvero ciò che vogliono. Solo quando sono sicuri di avere fatto la scelta giusta allora li indirizziamo verso la miglior soluzione perché le loro strade si separino.
Il nostro staff comprende counselor, psicologi, psichiatri e trainer che si occupano di valutare il percorso, sia esso individuale o di coppia o di gruppo. In base alla necessità del cliente viene impostato un percorso che lo aiuterà a riscoprire i propri talenti e i propri punti di forza.
Per Mediazione Familiare si intende un processo collaborativo di risoluzione del conflitto, in cui le coppie il cui rapporto sta finendo o è finito, sono assistite da un soggetto terzo imparziale (Mediatore) per comunicare l’una con l’altra e trovare una risoluzione accettabile per entrambi, relativa ai problemi di riorganizzazione dopo la separazione; il mediatore agendo da facilitatore della comunicazione tra le parti le aiuta a raggiungere un obbiettivo concreto che è la riorganizzazione delle relazioni a seguito della separazione o del divorzio.
Da questo punto di vista (che è l’unico possibile) nella relazione di mediazione è la coppia la protagonista assoluta, poiché ha e deve avere come unico obbiettivo la riorganizzazione della propria famiglia.
La differenza principale è tra l’obbiettivo della negoziazione e l’obbiettivo della mediazione, come bene fa notare la Dottoressa Isabella Buzzi (nel suo testo Introduzione alla mediazione familiare Pag 394), al momento della negoziazione “per la maggior parte delle coppie, trattare con l’ex coniuge/partner, significa concludere l’accordo migliore per se stessi e per ottenerlo bisogna partire chiedendo di più di quanto si ha intenzione di ottenere, oppure offrendo meno di quanto si è intenzionati a dare e sperare che l’altro si adegui”.
Nella mediazione invece “ una delle responsabilità prioritarie è quella di assicurare che le parti in lite raggiungano un accordo in modo tale da proteggere il loro rapporto futuro. Questo è particolarmente importante nella separazione coniugale, situazione in cui la coppia ha un rapporto in continua evoluzione come genitori.” (pag 395).
Si passa quindi da una relazione in cui ci sarà chi vince e chi perde ad una situazione di trasformazione della relazione in virtù di un risultato non solo presente ma anche futuro.
Scarica il modulo del regolamento della mediazione familiare
La mediazione penale minorile è prevista dal nostro ordinamento e si svolge nell’ambito degli spazi normativi offerti dagli artt. 9, 27, 28 del D.P.R. n. 448 del 1988. L’assunzione di un percorso di mediazione, come modalità responsabilizzante, all’interno del processo penale minorile, può essere molto utile in vista del fine rieducativo che questo persegue.
La mediazione penale minorile può essere proposta sia in una fase pre-processuale sia nella fase processuale vera e propria.
L’art. 9 del d.p.r. 448/88 offre un primo spazio applicativo alla mediazione in fase pre-processuale. La disposizione citata impone di fare accertamenti sulla personalità del minorenne, stabilendo che “il pubblico ministero e il giudice acquisiscono elementi circa le condizioni e le risorse personali, familiari, sociali e ambientali del minorenne, al fine di accertarne l’imputabilità e il grado di responsabilità, valutare la rilevanza sociale del fatto nonché disporre le adeguate misure penali e adottare gli eventuali provvedimenti civili“.
In fase processuale è possibile fare ricorso alla mediazione penale minorile espressamente prevista dall’art. 28 del D.P.R. 448/1988. Tale disposizione, disciplina la sospensione del processo con messa alla prova che può essere disposta dal giudice quando affida il minore ai Servizi minorili dell’amministrazione della giustizia, per lo svolgimento di un programma di osservazione, trattamento e sostegno, al fine di valutare la personalità del minorenne all’esito della prova. In caso di esito positivo della prova, il giudice dichiara con sentenza estinto il reato, a norma del successivo art. 29.
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Il compito principale del coordinatore genitoriale (o coordinatore femiliare) è quello di facilitare la risoluzione dei contrasti tra genitori separati o divorziati; potrebbe, infatti, accadere che questi ultimi siano coinvolti in dinamiche conflittuali tali da non avere una lucidità adatta per la gestione della prole in regime di affidamento condiviso.
In base a quanto appena affermato, il coordinatore familiare dovrebbe essere, quindi, un soggetto terzo ed imparziale che aiuta e coadiuva le parti ad attuare un programma di genitorialità (evitando anche quelle che possono essere le conseguenze dannose del conflitto per i figli) ed allo stesso tempo facendo in modo che possa essere favorita la cooperazione tra i genitori (riducendo drasticamente quelli che potrebbero essere i contrasti tra di loro).
Pertanto l’approccio posto in essere da coordinatore familiare è di tipo professionale. Per queste ragioni, la figura del coordinatore genitoriale, essendo la coordinazione genitoriale un processo che coinvolge numerose discipline il cui unico scopo è quello di rispondere a quelle che possono essere le problematiche genitoriali, deve necessariamente affidata ad un soggetto che sia competente ma soprattutto formato sulle questioni relative al piano genitoriale e agli accordi di separazione, attenzionando in primis sempre l’interesse preminente della prole.
Per queste ragioni, la finalità da perseguire sarà quella di salvaguardare l’interesse del minore coinvolto nel conflitto genitoriale; difatti, l’intervento avrà come unico scopo quello del benessere psicofisico del bambino a cui dev’essere garantita la più amplia tutela.
A tal riguardo, il coordinatore familiare avrà come scopo principale quello di supportare i genitori litigiosi e cercare di dirimere e superare i contrasti. Il Coordinatore familiare, quindi, dev’essere necessariamente una persona super partes; una persona che non abbia avuto alcun rapporto con la coppia in qualità di consulente legale, terapeuta , consulente tecnico di parte , consulente tecnico d’ufficio o mediatore familiare. Il coordinatore familiare avrà la possibilità di dare assistenza al giudice esclusivamente nell’ambito del proprio ruolo, senza diventare un vero e proprio suo perito e fornire consulenza medico-legale o psicologica sui figli e sulla famiglia di cui si sta occupando.
Generalmente il giudice dispone l’incarico di un coordinatore genitoriale durante il processo di separazione o successivamente anche in ogni altro procedimento relativo all’affidamento della prole. In questi casi, i poteri del Coordinatore familiare derivano direttamente da quello che è il provvedimento del giudice; può anche accadere che il l’incarico derivi da una sottoscrizione di un libero accordo tra i genitori al fine di dirimere le controversie sulla gestione dei figli derivanti dal loro alto tasso di conflittualità.
Quindi, il compito del coordinatore familiare è quello di far rispettare il piano genitoriale in tutti quelli che sono gli aspetti di fondamentale importanza per la prole, come ad esempio quelli relativi alla salute, istruzione, educazione e sviluppo socio-affettivo.
Qualora, infine, il coordinatore familiare dovesse ravvisare dei gravi rischi per i minori (violenza, abusi, maltrattamenti etc.) adotterà a loro tutela le opportune misure ed in primis la segnalazione del problema alle autorità giudiziarie competenti e ai servizi sociali, anche se non si prospettasse una vera e propria fattispecie di reato.
Per Mediazione Familiare si intende un processo collaborativo di risoluzione del conflitto, in cui le coppie il cui rapporto sta finendo o è finito, sono assistite da un soggetto terzo imparziale (Mediatore) per comunicare l’una con l’altra e trovare una risoluzione accettabile per entrambi, relativa ai problemi di riorganizzazione dopo la separazione; il mediatore agendo da facilitatore della comunicazione tra le parti le aiuta a raggiungere un obbiettivo concreto che è la riorganizzazione delle relazioni a seguito della separazione o del divorzio.
Da questo punto di vista (che è l’unico possibile) nella relazione di mediazione è la coppia la protagonista assoluta, poiché ha e deve avere come unico obbiettivo la riorganizzazione della propria famiglia.
La differenza principale è tra l’obbiettivo della negoziazione e l’obbiettivo della mediazione, come bene fa notare la Dottoressa Isabella Buzzi (nel suo testo Introduzione alla mediazione familiare Pag 394), al momento della negoziazione “per la maggior parte delle coppie, trattare con l’ex coniuge/partner, significa concludere l’accordo migliore per se stessi e per ottenerlo bisogna partire chiedendo di più di quanto si ha intenzione di ottenere, oppure offrendo meno di quanto si è intenzionati a dare e sperare che l’altro si adegui”.
Nella mediazione invece “ una delle responsabilità prioritarie è quella di assicurare che le parti in lite raggiungano un accordo in modo tale da proteggere il loro rapporto futuro. Questo è particolarmente importante nella separazione coniugale, situazione in cui la coppia ha un rapporto in continua evoluzione come genitori.” (pag 395).
Si passa quindi da una relazione in cui ci sarà chi vince e chi perde ad una situazione di trasformazione della relazione in virtù di un risultato non solo presente ma anche futuro.
Il preminente interesse del Giudice nelle procedure aventi ad oggetto l’affidamento ed il collocamento dei figli minori è quello di garantire loro una sicurezza psicologica ed affettiva indispensabile per uno sviluppo psicofisico sano anche in termini di struttura e personalità: tale obiettivo è perseguibile assicurando loro la presenza costante di entrambe le figure genitoriali nella quotidianità, come sancito dalla Legge n. 54/2006.
L’interesse del minore è, dunque, al centro della scena.
Quando gli interventi di risoluzione alternativa alle dispute (pratica collaborativa, mediazione familiare, coordinazione genitoriale) non sono servite a prevenire o risolvere il conflitto genitoriale separativo, il Giudice può richiedere una consulenza tecnica d’ufficio (CTU), affidando ad una figura ausiliaria specializzata l’acquisizione e l’elaborazione di informazioni ed elementi al fine di assumere una decisione “giusta”, nell’interesse dei minori coinvolti.
La parte, attore o convenuto che sia- genitore nella fattispecie- nel contesto giudiziario determinato da una causa di separazione o divorzio può – in caso di Consulenza Tecnica di Ufficio disposta dal Tribunale- avvalersi di un professionista come consulente tecnico di parte.
Il CTP, dal punto di vista giuridico, in ambito civile, è istituito a norma dell’art. 201 del codice di procedura civile che prevede:
“il giudice istruttore con l’ordinanza del CTU assegna alle parti un termine entro il quale possono nominare,con dichiarazione ricevuta dal cancelliere, un loro consulente tecnico. Il consulente della parte oltre ad assistere a norma dell’articolo 194 alle operazioni del consulente del giudice, partecipa all’udienza e alla camera di consiglio ogni volta che vi interviene il consulente del Giudice per chiarire e svolgere con l’autorizzazione del presidente le sue osservazioni delle indagini tecniche”
Il CTP anche nell’ambito dei procedimenti giudiziari di separazione e divorzio è a tutti gli effetti parte integrante del sistema peritale, insieme al Giudice, al CTU (manus longa del Giudice) e agli avvocati delle due parti.
A partire dalla nuova normativa (legge 54/2006) vi è una maggiore interazione prevista tra CTU e CTP in quanto, a modifica della procedura precedente in cui le osservazioni del CTP andavano direttamente consegnate in Tribunale, ora si stabilisce che le note dei CTP siano previamente consegnate al CTU in risposta alla bozza di relazione, in modo che il CTU possa opportunamente allegarle alla propria relazione finale, con una sua sintetica valutazione in merito alle stesse e quindi consegnate in Tribunale.
Il committente del CTP è la parte (nella fattispecie il genitore) – attore o convenuto che sia nel procedimento giudiziario- che però ha dato procura a un avvocato che lo rappresenta in giudizio; ne consegue che la parte committente per un CTP è costituita sia dal cliente sia dal legale che lo rappresenta.
Il CTP assume per questi motivi una posizione molto delicata e sensibile all’interno dell’articolata dinamica consulenziale, ove rappresenta uno snodo significativo tra il CTU e i suoi clienti, parte e legale.
Dove siamo
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