Aceranti & Partner logo

Aceranti&Partners

Una normale mattina di primavera

Una normale mattina di primavera

Spesso pensiamo che i gesti quotidiani, dal vestirsi al prendere il caffè non siano uno sforzo per il nostro cervello. Ma non è così. Anche il più piccolo gesto richiede che miliardi di connessioni funzionino all’unisono per ottenere un risultato soddisfacente.

Ieri, dopo una lunga giornata di lavoro e una tranquilla serata sul divano sono andato a letto. Chiudo gli occhi e mi addormento.

 La notte corre veloce (adoro dormire e quindi per me la notte passa sempre troppo in fretta) e la sveglia suona.

 Se anziché la sveglia fosse stato un altro rumore come il gatto che aveva fame; l’ambulanza che passava per strada (abito vicino all’ospedale e di ambulanze ne passano almeno una decina al giorno); il cane della vicina che abbaiava come sempre o il bimbo del vicino che piangeva mi sarei limitato a mugugnare infastidito e mi sarei girato dall’altra parte.

 Ma la sveglia ha un suono particolare che attraverso il nervo uditivo raggiunge la mia corteccia uditiva che lo decodifica e lo trasmette al mio talamo ed al tronco encefalico cosicché i miei nuclei talamici riconoscono l’importanza di quel suono particolare ed attivano una parte specifica del mio tronco encefalico nota come formazione reticolare che si occupa dell’attivazione generale ed il mio lobo frontale mi dice che devo alzarmi.

 Nonostante il mio Es cerchi di convincermi che posso dormire ancora 5 minuti (che, visto il mio amore per il dormire, diventeranno inevitabilmente 35) il mio Super-io mi dice che è necessario che mi alzi. E così, pigramente, mi siedo e mi alzo.

 Giro intorno al letto ed apro le tende e la finestra perché adoro l’aria fredda sul viso di prima mattina.

 Sebbene sia ancora mezzo addormentato il mio nervo ottico e la mia corteccia visiva sono già più che svegli e mi permettono di osservare la giornata che mi viene offerta. Spesso noi sottovalutiamo il miracolo della vista. In alcuni casi, quando la corteccia visiva è danneggiata, ad esempio in seguito a un trauma cranico commotivo occipitale o a un ictus, sebbene gli occhi continuino a funzionare perfettamente la vista è impossibile perché la corteccia non riesce a decodificare il messaggio che riceve dai nervi ottici. Riuscirà a vedere le differenze di gradazione luminosa, vedrà le ombre muoversi ma gli sarà impossibile distinguere oggetti e persone e nei casi peggiori, quando il danno corticale fosse particolarmente esteso, non si renderà nemmeno conto di aver perso la vista. Ed il suo neurochirurgo gli diagnosticherà la sindrome di Anton.

 Ma io ci vedo benissimo, occhiali a parte.

 Sono di buon umore, il profumo del caffè invade la casa e si lega al suo specifico recettore sulla superficie esterna delle ciglia dei recettori olfattivi in modo diretto. Il legame dell’odorante con il recettore GPCR per esso specifico, permette a questo di interagire con una proteina Golf, espressa solo dai neuroni olfattivi e così accade che le mia ghiandole salivari e i muscoli lisci dello stomaco si attivano preparandosi a far colazione, nel frattempo l’aria fresca che entra dalla finestra disperde il profumo del caffè e i miei recettori olfattivi tornano nella condizione iniziale che è ripristinata mediante alcuni meccanismi di adattamento che comprendono.

 Grazie a tutto questo il mio circuito dopaminergico attiva il mio lobo frontale sinistro grazie alla produzione di dopamina che mi fa sentire bene e positivo.

 Mi lavo, mi vesto e seguendo il profumo del caffè vado in cucina. Passo la penisola, apro lo sportello e prendo una tazza. Vado verso la macchina del caffè americano che ha già fatto il suo dovere e preparato la bevanda. Prendo la brocca e riempio la tazza mentre il tostapane sta tostando le fette di pane. Poi apro il frigo, estraggo il burro e la marmellata. Sposto lo sgabello e mi siedo alla penisola per fare colazione.

 Tutto ciò sarebbe impossibile se la mia corteccia associativa visiva non funzionasse. Infatti è proprio quella parte dell’emisfero sinistro che è situata tra il lobo frontale e quello occipitale che mi permette di identificare gli oggetti e attribuire loro un determinato significato.

 Un danno esteso alla corteccia visiva occipitale potrebbe portare una incapacità della corteccia di decodificare le immagini pervenute attraverso il nervo ottico (la succitata sindrome di Anton) oppure potrebbe impedire il riconoscimento degli oggetti e l’associazione del loro ruolo (detta agnosia visiva per gli oggetti)

 Ma, come detto sopra, io ci vedo benissimo. La mia corteccia visiva funziona benissimo. Per cui guardo e riconosco le fatte di pane che il tostapane ha appena espulso. Sono destro quindi attivo oltre ai gangli della base anche il cervelletto e la corteccia motoria dell’emisfero sinistro e allungo la mano destra. Ma questa scelta avviene nel 90% delle persone perché il rapporto destrimani/mancini è di 9 a 1.

 Poi apro il cassetto e prendo un coltello. Sembra un’azione semplice ma anche qui deve entrare in gioco un complesso di azioni neurali per permettermi non solo di vedere e riconoscere il coltello ma anche di richiamare dalla memoria le conoscenze che riguardano l’uso degli oggetti che vengono immagazzinate nel lobo parietale, in particolare il lobo sinistro e di associare al coltello il modo di uso corretto. Quindi lo afferro per il manico e non per la lama.

 Purtroppo mia nonna, dopo l’ictus, non era più in grado di effettuare tale riconoscimento e di utilizzare gli oggetti in modo normale. questo perché quando quest’area del cervello viene danneggiata, ad esempio da un ictus come nel caso di mia nonna o dall’Alzheimer o da altri danni neurologici, la persona inizia a soffrire di aprassia ideativa e non riesce quindi ad astrarre o fare associazioni ideative. quindi il soggetto inizia a manipolare gli oggetti a caso e non secondo l’esperienza o secondo il loro uso comune, ogni volta come se fosse la prima volta che lo vede. Quando questo tipo di dissociazione si estende ai vestiti allora parliamo di aprassia dell’abbigliamento oltre che di aprassia visiva classica.

 Ma le mie connessioni funzionano benissimo infatti sono vestito perfettamente (almeno secondo il mio canone di abbigliamento). Manca solo la cravatta che indosso sempre dopo la colazione altrimenti la intingo puntualmente nel caffè. Continuo a fare colazione mentre sull’ipad leggo le notizie del giorno dal sito dell’ANSA ed il mio emisfero sinistro entra in fermento: il lobo temporale riconosce, elabora e comprende i nomi mentre quello frontale fa la stessa cosa coi verbi. Nel frattempo il lobo parietale elabora la grammatica per farmi capire il contenuto della nuova legge sulla sanità pubblica e la mia corteccia prefrontale si dà un gran da fare per figurare cosa significhi e come impatterà il mio lavoro. Il MIUR ha appena emesso l’ennesimo decreto per l’Università mentre il Ministero della Salute sta revisionando la normativa sulla sperimentazione dei farmaci e sulle ricerche epidemiologiche. In quel momento la mia memoria richiama quello che dicevano le news qualche giorno prima. Il che significa che, al contrario del mio umore, il mio ippocampo sta bene. La notizia inoltre ha fatto attivare brevemente la mia amigdala che mi ha temporaneamente messo di cattivo umore.

 Nel frattempo passa la prima auto tamarra del giorno che, a finestrini abbassati e con la musica al massimo, diffonde nell’aria un’orribile “truzzame” che solo pochi hanno il coraggio di chiamare musica. Mi chiedo allora se il loro lobo temporale destro che dà luogo all’elaborazione della musica e si occupa del giudizio estetico funzioni.

 Guardo l’orologio e mi rendo conto che è tardi per cui agguanto la cravatta da sopra il letto e corro fuori. Mentre scendo le scale guardo nuovamente l’orologio e il mio lobo parietale esamina velocemente il quadrante e deduce che arriverò in tribunale in orario mentre la mia corteccia prefrontale che si occupa di organizzare le cose in tempo è in fermento cercando di incastrare le lezioni, il ricevimento degli studenti, l’appuntamento col PM, la spesa da fare e l’aperitivo che ho promesso a quello studente che ho incontrato qualche giorno fa.

 Entro in macchina e parto. Solo per accorgermi dopo qualche chilometro che la strada è bloccata. Sarà l’ennesimo cantiere. Per cui cerco di prendere il controllo della situazione e comincio ad elaborare percorsi alternativi. Per cui la parte programmatrice (lobo frontale) e quella dell’informazione spaziale (lobo parietale) del mio cervello iniziano a lavorare sinergicamente. Anche mentre sono fermo al semaforo, anzi, soprattutto mentre sono fermo al semaforo. Ed è proprio mentre sono fermo che vengo affiancato da un’auto il cui autista mi suona. Abbasso il finestrino e questo mi mostra un indirizzo. Presumo mi stia chiedendo istruzioni per raggiungerlo. Dico “presumo” perché non parla alcuna delle lingue che conosco per cui, per dargli le informazioni di cui ha bisogno ricorro al linguaggio universale dei segni. Dritto, poi sinistra, poi una rotonda, poi destra e così via. I miei lobi frontale, temporale e parietale stanno lavorando come matti.

 Finalmente arrivo e corro verso il parchimetro. conto le monetine grazie alla parte parieto-temporale sinistra (la parte che quando danneggiata origina l’acalculia). Entro in tribunale e noto che una delle guardie è nuova. è il mio emisfero destro che ha analizzato il volto vicino al metal-detector e ha tratto la conclusione che non l’ho mai visto prima. Ma finalmente ho qualche istante di relax. Mi spoglio e passo il metal detector.

 Salgo le scale verso la Procura dove il Sostituto Procuratore mi attende. Il primo impegno della giornata.

 La mia giornata lavorativa sta per iniziare ma il mio cervello è già stato messo duramente al lavoro. I piccoli gesti quotidiani, le coordinazioni elementari, la azioni anche più piccole e insignificanti hanno richiesto l’attivazione di ogni sua parte.

 Ho finito di salire le scale. Giro a destra, poi a sinistra. raggiungo la porta del Giudice e busso. Non c’è nessuno. Ho qualche minuto per riprendere fiato.

 In quel momento il mio timpano vibra sollecitato da qualcuno che mi chiama. La voce è familiare e i miei nuclei talamici mi fanno sussultare. Il mio ospite è arrivato. Ora comincio a lavorare. Ed è solo il primo giorno di primavera

Autore: Andreas Aceranti, PhD

share this
Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Telegram
Print

contattaci per un consulto gratuito

E' impossibile scegliere la strada migliore se non si sa dove si vuole veramente andare. Prima di definire ogni strategia ti aiuteremo a focalizzare la meta.

Dove siamo

© Copyright Aceranti 2023
all rights reserved